Esclusi dalle graduatorie ad esaurimento (Gae)? Non tutto è perduto!

Siamo in prossimità della scadenza prevista dal Ministero dell’Università e della Ricerca per la presentazione delle domande di aggiornamento della propria posizione nelle graduatorie ex permanenti (10 c.m. forse prorogata al 17).
La “nota” ha pensato bene di trasformarle nel 2006 in “ad esaurimento” così perseguendo il duplice obiettivo di sbarrare il passo alle nuove leve ed esaurire quelli che dentro c’erano e che, scordandosi di aggiornare, cercano ora in ogni modo di rientravi.

La posizione dell’amministrazione è ovviamente di opposizione al rientro degli sfortunati.

Noi, però, abbiamo ancora un asso da giocare.

La posizione è molto delicata trattandosi di centinaia di persone che si ritrovano a perdere forse l’unica (e per molti ultima) speranza di un lavoro guadagnato col sudore della fronte e di cui si vede sfumare la possibilità del ruolo (e con il “diploma abilitante” appena introdotto aumentano le difficoltà anche in seconda fascia).

Il cursus (dis)honorum è -purtroppo- il Tribunale.

Chiaramente in Italia non ci si aspetta alcun rigurgito di buon senso della P.A. così che dovremo rassegnarci a veder negato il nostro buon diritto e cominciare a pensare alla necessità di affidare la difesa delle nostre ragioni ad un buon legale.

Per allontanare abbagli, dubbi e mal di testa voglio accennare, nel modo e nel linguaggio più semplice che conosco, il protocollo da seguire per creare i presupposti necessari e prodromici ad un ricorso.

1- presentare domanda nei termini (assolve lo scopo qualunque manifestazione di volontà idonea a render nota l’intenzione di inserirsi in Gae); per praticità useremo la domanda predisposta dal Ministero; io ho presentato quella con la filigrana “fac-simile”, e non certo per faciloneria, (la questione mi tocca da vicino). N.B: la forma è ad probationem e necessita dell’allegazione della ricevuta della raccomandata A/r o di quella rilasciataci dall’addetto al protocollo o infine invio con pec.

2- notificare una diffida (anche in un secondo momento) in cui, ripercorrendo i fatti ed accennando al diritto sancito dall’art. 1 bis D. L. n. 97/04 convertito in legge 143/04, si invita l’amministrazione ad accettare il reinserimento oppure, operare in autotutela annullando ogni proprio atto di diniego. Se fosse accettata si eviterebbe il contenzioso.

Non credo che l’amministrazione sia così avveduta e per parte mia ho già redatto il mio ricorso il cui punto discusso, tralasciando in questa sede il tuziorismo sulle questioni preliminari, oramai già favorevolmente risolte da Cassazione, è proprio l’applicazione dell’articolo di legge già citato, unica chiave di questa serratura arrugginita.

Credo, avendo dato una scorsa dettagliata alla normativa, vi siano ottime possibilità di riuscire vittoriosi dalla contesa.

Stay tuned.

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